di Antonio Gussoni
Il venditore di “gnaccio” compariva , quand’ero studente oltre mezzo secolo fa’, con le brume di Novembre all’uscita da scuola , con un furgoncino a pedali che disponeva di un contenitore tondo, riscaldato al di sotto da una brace di carbonella. In un attimo veniva circondato da noi ragazzi e per pochi spiccioli ciascuno si aggiudicava la sua fetta di caldo e fragrante dolce di castagne. La felicità di quegli incontri e il profumo di quel, in fondo povero, manicaretto è rimasto in noi talmente forte che, in occasione di una ricorrenza familiare, riuscimmo a scovare un artigiano che ne produceva, ad un livello qualitativo paragonabile a quello dei nostri ricordi. La sorpresa fu che, quando comparve sulla tavola, a sgranare gli occhi fu la bisnonna novantenne di mio genero. Rammentò che, allora, a Torino, anche fuori dall’Istituto da Lei frequentato, compariva il venditore di castagnaccio, ma alle ragazze di buona famiglia non era consentito di accalcarsi al baracchino del venditore. Sempre aveva desiderato di conoscere il sapore di quel rustico dolce, ai suoi tempi appannaggio esclusivo dei suoi compagni di liceo. Solo il profumo di sfuggita allora le era stato concesso, per cui ne fu lietissima di poterlo gustare in un’occasione di allegria familiare. Non riproduco una delle tante ricette, che chiunque può recuperare su internet, ma sottolineo alcuni aspetti che sono sostanziali per avere un buon prodotto:
- farina di castagne di qualità che ancora si trova sia in Val di Vara, sia in Lunigiana
- olio d’oliva extravergine. Il ligure è, per quest’uso, il migliore, in quanto ha un profumo sottile che si accompagna a quello delle castagne senza sopraffarlo.
- pinoli e uvetta
- semi di finocchio (se si vuole)
Per chi ha una certa età, ha un profumo in aggiunta, assolutamente indimenticabile: quello della primavera della vita.